martedì 30 dicembre 2014

Elogio del silenzio

Se fossi stata io la figlia del capitano della nave Norman Atlantic, per esempio, avrei taciuto su quanto bravo sia mio papà a portare le navi in porto. È il lavoro suo, e la norma è, deve essere, quella e non la meschineria di uno Schettino qualunque. Ma poi è freudiano e facile facile: papà è il nostro eroe, senza macchia e senza paura. Pure se non disdegna di riempire la stiva di clandestini da portare in Italia, come pare dalle ultime notizie. Insomma, quale figlia "normale" andava in tv a parlare di quel brigante di padre che si è trovata in sorte.
Oppure, se fossi la moglie tradita di Mentana, che è pure nobile con due cognomi e l'arietta snob, me ne starei zitta zitta ad aspettare che lui, l'Enricone nazionale, faccia alla nuova fiamma quello che ha fatto a me e a quelle prima di me. Senza riempire la rete e i giornaletti di gossip di insulti e maledizioni alla nuova venuta. Perchè così la nobilitate se ne va a farsi friggere, sia quella di blasone, sia quella d'animo, ove fosse mai esistita.
E ancora, se io fossi stata il sindaco di Latina, piuttosto che lavare i panni sporchi sui media, mi sarei dimessa senza proferir parola. Che avrei fatto mettere molta più paura a tutti quanti, pure a quei consiglieri che lasciando il Comune avrebbero dovuto lasciare anche la Provincia e stavano con il fiato corto per l'ansia.
Insomma, io tra le strade, preferisco sempre la via del silenzio. 
Perchè è più corretta, perchè come dice mia nonna formiana "una parola è poca e due so' troppe", perchè evita di esporre te e la tua famiglia a una gogna mediatica che nessuno ti risparmierà, e poi, come pare abbia detto una volta Abraham Lincoln, "meglio tacere e passare per idiota che parlare e dissipare ogni dubbio".

mercoledì 10 dicembre 2014

Lettera aperta ai miei concittadini

Cari concittadini,
fino all'anno scorso il mega albero di Piazza del Popolo, offerto da un imprenditore alla città di Latina, vi suscitava un populismo vomitevole. Andavate chiedendo chi pagava la corrente, indagavate sospettosi dell'amicizia del sindaco Di Giorgi con questo benefattore, vi indignavate persino della "grandezza" dell'albero. Che a me piaceva. Era bello, grande, si vedeva per tutto il corso e anche per Corso Matteotti, c'era la musica natalizia e ti ci potevi dare appuntamento davanti con gli amici e ti pareva una città normale. Di quelle che festegiano il Natale senza stare a sentire benpensanti, malpensanti e malpancisti. Mi ricordo che quando avevano, due Natali fa, cominciato a installare la struttura tutti ci chiedevamo cosa potesse essere mai quella roba lì.
Comunque, voi che prima lo schifavate tanto, poi vi ci facevate le foto sotto, sorridenti, obbligando il pupo a mettersi in posa mostrando i dentini, ci andavate di proposito la sera quando era tutto illuminato e faceva tanta scena, in quello scatto da inviare a qualche parente lontano. Poi la mattina ricominciavata la nenia della sua bruttezza, del costo, del chissà che voleva in cambio colui che se ne era accollate le spese.
Ora che non lo hanno messo, perchè pure Di Giorgi si sarà rotto le palle di stare a sentire populismo da quattro soldi, vi manca. Quasi quasi ci fareste una veglia per ricordarlo. Questa è Latina e per questo mi piace sempre meno. C'era una vecchia battuta di Paolantoni che da partenopeo diceva: "Non sono io razzista, sono loro che sono napoletani". Ecco, siete voi che vi ostinare a fare i latinensi.

martedì 11 novembre 2014

Grazie prof!

Quanto mi faceva incazzare il professor Viscomi! Era coriaceo, nel bene e nel male, testardo e insistente fino a quando non otteneva quello che si era messo in testa. Ma quante risate mi ha fatto fare. Come quando se ne andava in giro con quella telecamerina con la quale faceva dei faccioni alla The Blair Witch Project nelle riprese quando non c’era il suo fido Arian per fare i servizi. O come quando al giornale avevamo cambiato impostazioni nell’impaginazione e lui per protesta si ostinava a usare l’impaginazione vecchia.
Una volta mi costrinse a condurre con lui una telecronaca dal torneo Tosarello. Io che di basket, e di sport in generale, non ci ho mai capito nulla.  Fu una delle cose più divertenti che io abbia mai fatto. Perché tra una chiacchiera e l’altra lui si esaltava come fosse una finale di NBA e mentre un giocatorone grande e grosso che correva poco ma faceva tanti punti si muoveva nel campo, pure se l’azione non sembrava decisiva, lui si scatenava: “Binettiiiiii… Binettiiiii… Binettone miooooo…..”.
Ecco, il prof aveva un entusiasmo da sedicenne, come gli dicevo sempre, e una carica adrenalinica che stancava chi doveva stargli appresso, ma mai lui.
Quante risate, e quanto lo abbiamo sfottuto quando la pallanuoto Latina approdò in Serie A e lui correva come un bambino sugli spalti e gridava al microfono in dialetto calabrese fino a quando i giocatori lo buttarono in acqua vestito, con il freddo che faceva.
E lui al gioco ci stava sempre, anche se faceva finta di incavolarsi. Era pur sempre un professore.
La prima volta che lo vidi, quella in cui lui mi propose di entrare al Territorio, una bellissima e difficile esperienza professionale che ho condiviso con lui, stava in classe al Galilei, e mentre gli rubavo due minuti di lezione fece una brutta cazziata a un ragazzo che ciancicava una chewing gum. Ma come sei vecchio prof, obiettai. “Nelle mie classi si fa così”, di rimando.
In tanti ci siamo avvicinati alla professione giornalistica grazie a lui. E io gliene sarò grata per sempre.
Ma prima di tutto Gabriele Viscomi era un marito premuroso e amorevole e un padre presente, affettuoso e dolce. E lo era anche con me che ero sua amica. E siccome era laureato in chimica e biologia e da ragazzo aveva lavorato alla farmacia di Via dell’Agora, aveva sempre una soluzione ai miei malanni. Di cose ne ha fatte tantissime nelle sue tante vite, il prof. Stava male, e forse l’unico rimpianto che si è portato appresso è quello di non aver potuto tenere in braccio i nipoti in arrivo. Un bacio alle sue ragazze.


martedì 21 ottobre 2014

Saviano, un'opinione di troppo

foto dal sito www.repubblica.it
Saviano mi ha rotto le palle. Lo so che adesso un sacco di amici miei, anche carissimi, si ribelleranno, ma io di sentire l’opinione del giornalista scrittore campano su ogni minuscolo evento che accada su mari o terre ne ho le tasche piene. Il problema vero è che a Repubblica gli danno la ribalta per ogni peto nell’universo. L’ultima in ordine di tempo sull’ignobile sparata delvicepresidente del Senato (sic, è vicepresidente del Senato) Maurizio Gasparri che ha consigliato la dieta a una fan del rapper Fedez che difendeva il suo beniamino su twitter dagli attacchi gratuiti dello stesso Gasparri. A parte che la fan è stata anche pacata. Con uno come Gasparri la pesantezza dell’insulto viene spontanea. E il più delle volte è giustificata. Ma a rispondere all’ex ministro del governo Berlusconi ci aveva pensato già J Ax, sistemando quel poveraccio di Forza Italia a posto suo. Quindi, cari amici di Repubblica, inserire nella gallery l’opinione di Saviano su Gasparri, sulla pinguedine della ragazza, su Fedez o altro davvero è inutile e inopportuno. La prossima volta se devo sentire una scemenza su tutto leggo Libero o Il fatto. Che mi fanno ridere di più.

venerdì 17 ottobre 2014

Anche io in cammino per la Marcia per la Pace

Posto un comunicato stampa per l'annuncio della partecipazione dello Spi Cgil alla Marcia della pace Perugia-Assisi. Anche io e G domenica ci metteremo in marcia, per la pace


Le Leghe Spi Cgil di Latina, Aprilia, Cisterna, Sezze Terracina e Formia, con lo Spi Cgil provinciale parteciperanno alla Marcia della Pace Perugia- AssisiDomenica 19 ottobre un bus partirà da Latina alle 5 (con appuntamento davanti alla sede Inps) alla volta del capoluogo eugubino e i pensionati della Cgil si metteranno in cammino con migliaia di persone, famiglie, scuole, associazioni ed enti locali contro tutte le guerre.
Un appuntamento importante perché ricorrono i cento anni dalla Prima guerra mondiale e perché nel mondo ci sono tante guerre, quelle fatte di tagliagole, di bombardamenti e quelle “meno visibili, ma non meno crudeli, che si combattono in campo economico e finanziario con mezzi altrettanto distruttivi di vite, di famiglie, di imprese.”. E quindi “dopo cento anni di guerre e crimini contro l’umanità è venuto il tempo di riconoscere che la pace è un diritto umano fondamentale della persona e dei popoli. Un diritto che deve essere effettivamente riconosciuto e applicato”, come dicono gli organizzatori.
Da Perugia ad Assisi sono 24 chilometri ma si possono percorrere in molti modi: fare solo un tratto della Marcia partendo da Ponte San Giovanni, Collestrada, Ospedalicchio o Bastia; attendere l’arrivo della Marcia a Santa Maria degli Angeli e poi fare l’ultimo tratto del percorso (circa 5 chilometri); attendere l’arrivo della Marcia in piazza San Francesco ad Assisi e poi fare l’ultimo tratto del percorso (circa 1 chilometro); attendere l’arrivo della Marcia alla Rocca di Assisi e partecipare alla manifestazione conclusiva. Anche i pensionati dello Spi Cgil non vogliono rimanere neutrali di fronte alla “pericolosissima crisi della comunità internazionale” (Giorgio Napolitano) e alla “terza guerra mondiale combattuta a pezzi con crimini, massacri e distruzioni” (Papa Francesco).

martedì 14 ottobre 2014

Un'Onda di luce che passa da qui

La candelina che l'anno scorso accese per me Carmen Porcelli
Una candela, anche per me, per G e per nostro figlio Diego. Ve la chiedo perché domani in tutto il mondo si celebra la Giornata nazionale della consapevolezza sulla morte perinatale. Tranne in Italia, dove lo si fa solo informalmente perché la proposta di legge per istituire la Giornata è bloccata in Parlamento. E non si capisce perché. 
Un anno fa stavo proprio alla Camera, dove l’idea dell’istituzione è stata lanciata (qui potete leggere il report di quella emozionante mattinata), ma a oggi nulla di fatto. Perciò attrezziamoci nel nostro piccolo. 
Le mamme di CiaoLapo hanno organizzato manifestazioni in tutta Italia, anche a Roma dove il Comune ha offerto il patrocinio. 
A Latina magari lo faremo il prossimo anno, perché ho bisogno di aiuto per organizzare tutto. Magari anche a presentare la mozione perché il Comune di Latina sia capofila di questa battaglia.
Intanto invito tutti coloro che vorranno a partecipare all’Onda di luce ad accendere una candelina alle 19 di domani. Poi se vi va mandatemi le foto e io le posterò sui social.
In tutto il mondo ogni partecipante accende una candela alle 19 locali e la mantiene accesa per un’ora, in questo modo per tutta la giornata del 15 Ottobre un’onda di luce illuminerà la terra. “Si tratta di un modo simbolico per sentirsi idealmente uniti con molte altre persone nel mondo, accomunate da un lutto che invece abitualmente isola: la morte di un bambino”. (Dal sito http://www.babyloss.info/).

lunedì 13 ottobre 2014

Da Bella Ciao e Che Guevara alla vittoria della destra: che pena questo Pd

Eleonora Della Penna è presidente della Provincia di Latina. Brava ragazza, simpatica, giovane, sindaco di Cisterna. Le speranze di un cambiamento ci sono tutte. Anche perché ha avuto il merito, la sua candidatura e chi l’ha caldeggiata (Tiero superstar ieri sera), di interrompere quell’asse Fondi/Sperlonga che per anni ha dominato la politica pontina. Il sud esce sconfitto su tutta la linea, nemmeno Sandro Bartolomeo è riuscito a tornare sui banchi di Via Costa.
Che aria di cospirazione ieri mattina davanti al Bar Jolly. Crocchi di politicanti, piccoli arrivisti in cerca di un posticino al sole, vecchi mestieranti della politica… a far cosa? I voti erano decisi, non si doveva convincere nessuno. Patti e tradimenti erano stati stabiliti altrove.
E quelli del Partito democratico, come al solito, si fanno riconoscere per inopportunità. Coloro che fino a ieri cantavano Bella Ciao e hanno tatuaggi di stelle rosse e Che Guevara vari stampati addosso ora gridano “Vittoria”. Non avete vinto nulla. O c’è un accordicchio sotto il quale nascondete qualcosa che a noi non dite? O siete proprio imbambolati dall’idea di comandare qualcosa? O proprio non avete capito nulla e sparate scemenze “a stocco”?
Perché io trovo che non sia una vittoria della politica fare un accordo di bassa lega pilotato da un segretario provinciale ineffabile ed etereo con quelli che fino a ieri osteggiavate. I voti li avete contrattati tra di voi, ai vostri elettori non avete nemmeno dichiarato né giustificato la vostra scelta. Avete, inoltre, portato la politica vecchia e becera di nuovo al potere (eletti dai consiglieri del Pd Bernasconi da Sezze [presidente della commissione bilancio che non votava i bilanci della sua maggioranza], Mansutti da Latina [politico democristiano di lunghissimo corso, ex sindaco della città, ex candidato sindaco, consigliere comunale che si vede molto poco in consiglio. Per informazioni rivolgersi altrove], Tombolillo da Pontinia [uno dei sindaci meno  incisivi della provincia di Latina, che del trasversalismo ne ha fatto una ragione di vita] e Di Tommaso da Terracina [giovane di belle speranze]).

Insomma, cari amici e compagni del Pd. Abbiate il coraggio di tacere, di complimentarvi con la sorridente Eleonora e tirar dritto. Spiegando ai vostri elettori che non è un metodo, questo di fare accordi con la destra, perché le elezioni comunali a Latina sono vicine e per spegnere questi entusiasmi facili e ridicoli basta poco. Una matita.

martedì 26 agosto 2014

I fatti dell’Eur, Oksana e la vergogna della pazzia

Io a godere della morte di un uomo ucciso dai poliziotti per legittima difesa non riesco a gioire. Quell’uomo ha massacrato una donna, si chiamava Oksana ed era venuta in Italia dall’Ucraina, dove ha lasciato marito e figli e una guerra schifosa e subdola, per guadagnare un pezzo di vita per sé e per la propria famiglia. Partendo da questa tragedia causata, pare, da una mente folle e sconvolta. Io non riesco a stare dalla parte di quelli che dicono che se lo meritava perché aveva ucciso lui per primo. La legge del taglione, la pena di morte o pena capitale o come cavolo la vogliamo chiamare nel mondo civile e ipocrita secondo le leggi che la cultura americana ci ha imposto, non mi piace. Non riesco a non sentirmi a disagio. Ferma, e lo ripeto con decisione, la condanna per l’orrendo atto di uccidere, decapitandola, una donna. Una povera donna. Piuttosto mi chiedo quale sia il germe che cova in certe famiglie che preferiscono lasciare un figlio alla pazzia piuttosto che ammettere che si ha necessità di aiuto. Perché sembra una sorta di ammissione di aver sbagliato?. Perché la malattia mentale genera vergogna? Perché si tace, si nasconde, si nega? Ecco, io mi fermerei a riflettere su cosa si debba fare quando un figlio comincia a dare segni di cedimento psichico. Per evitare che arrivi a decapitare una donna per poi tentare di giustificarlo dicendo che era un bravo ragazzo. Senza nemmeno una parola di carità, di umanità, per la povera Oksana. Proprio da questi bravi ragazzi qui mi aspetto il peggio.

giovedì 21 agosto 2014

La mafia, Latina e i parcheggi

foto dal sito www.latina24ore.it
Non voglio aver paura. Non mi piace girare per Latina ed essere sotto scacco della prepotenza. Non parlo solo di guerra criminale. Ma partire dalle piccole cose. Cinque anni fa all’anniversario della strage di Via D’Amelio, quella in cui sotto casa della mamma fu ucciso il magistrato Paolo Borsellino, stavo a Palermo proprio in quel mozzico di strada in cui si spensero forse una volta per tutte le speranze di un’Italia civile, e dal palco Renato Scarpa (il Sergio di Un sacco bello di Verdone che gli rovina con una colica la vacanza in Polonia) lesse con una intensità che portò me e G alle lacrime una lettera di Ficarra e Picone. Che dissero che la mafia comincia parcheggiando in doppia fila. Ecco. A Latina è pieno di mafia. Si spara per strada, si spara alle gambe della gente, si parcheggia in doppia fila. Per me oggi vale tutto e tutto ha lo stesso peso. Perché mi riporta a quel livello di insicurezza che odio subire passeggiando per le vie della mia città. La trovo ingiusta questa sensazione di impotenza. Cominciamo da qui, dal parcheggiare sulle strisce pagando la sosta. Indignandoci quando un prepotente, mafioso, non lo fa.

mercoledì 20 agosto 2014

Le delibere scritte in english

Che poi certi del Pd mi stanno spingendo ad apprezzare la gente del centrodestra. E chi mi conosce sa che questo equivale a una bestemmia, perché in termini di preconcetti, pregiudizi e rigidità come donna di sinistra sono sempre stata poco progressista. Ma insomma, la vecchiaia mi fa diventare consapevole. Prendete per esempio la questione delle bollette dell’elettricità che il Comune di Latina per sessanta anni ha pagato alle chiese e agli oratori della città, e che adesso ha finalmente deciso che non pagherà più. Ma quando quei certi del Pd si erano messi a fare le pulci agli sprechi del Comune, perché queste cose non le avevano dette? Io credo che sia per cattiva fede, per non inimicarsi quel pezzetto di elettorato cattolico che si crede vicino. Oppure, e non saprei dire quale delle due cose sia la peggiore, non si sanno leggere le carte. Che per uno che fa il consigliere comunale è una cosa gravissima. Perché diciamo che pure se adesso stai all’opposizione, mi aspetterei che candidandoti tu abbia l’ambizione di governare (anche se con la sinistra latinense non si sa mai, questi si candidano a sconfitta certa un’altra volta visto l’andazzo) e se non sai leggere nemmeno un bilancio, chessò una delibera, una determina et similia la cosa si fa spaventosa. Ora, le carte che girano per il Comune di Latina sono scritte in italiano, e le dovrebbero capire tutti. Oppure sarebbe stato meglio fossero scritte in English?

venerdì 11 luglio 2014

La biblioteca di Latina rifiuta il "nostro" libro


Un Comune disumano e senza cultura rifiuta, in ragione di una fredda e drammatica rigidità burocratica, un libro sulle morti perinatali.
Per rompere il silenzio su questo difficile tema, mio marito Marco Gravina e io volevamo donare alla biblioteca di Latina “La tua culla è il mio cuore”, un libro dedicato a ognuno di quei 2,6 milioni di bambini nati morti ogni anno nel mondo tra cui nostro figlio Diego Gravina.
Il libro è a cura della dottoressa Claudia Ravaldi, presidente dell’associazione CiaoLapo onlus (che si occupa di tutela della gravidanza e della salute perinatale, con una particolare attenzione nei confronti del sostegno alle famiglie colpite da lutto in gravidanza o dopo il parto), che ha scritto anche la postfazione del volume. L’introduzione è stata curata da Carla Maria Xella.
Il direttore della biblioteca, dottor Paniccia, che già aveva avanzato problemi per ricevere il volume via posta costringendoci a riceverlo a casa per poi portarlo personalmente in Corso della Repubblica, con inspiegabile sufficienza non solo non ci ha assicurato “che fine facesse il libro” (cito testualmente dalla telefonata intercorsa questa mattina [venerdì 11 luglio 2014]), ha citato un avvocato che si occupa di censurare o meno le donazioni, ma alle rimostranze sull’importanza dell’argomento, ci ha scoraggiato dicendo che “non mettiamo a catalogo tutto quello che ci portano”.
Conosco bene il Regolamento del sistema bibliotecario che all’articolo 19 recita: “L’accettazione di eventuali fondi librari organici o di particolare pregio a favore del Servizio Attività Culturali – Direzione Biblioteca è subordinata all’accettazione” (sic!). E poi continua, e qui è la parte che ci interessa, “Per la donazione di opere singole o comunque costituenti fondo non omogeneo, provvede direttamente il Bibliotecario che, al fine dell’inserimento nel Patrimonio delle Biblioteche, ne vaglia lo stato e la conformità alle caratteristiche delle raccolte già esistenti, anche in relazione agli indirizzi di incremento e sviluppo del patrimonio collettivo”. È quindi evidente che il libro che vorremmo donare ha tutta la dignità di entrare nel catalogo della Biblioteca di Latina.
Non crediamo che la cultura sia una cosa che si imponga. Ma siamo fermamente convinti che in una città che non ha un assessore alla cultura (e a quanto pare non ne sente la mancanza) i cittadini abbiano la responsabilità di fare la loro parte.
Sappiamo che la strada per rompere il silenzio sulle morti perinatali è tortuosa e con tanti ostacoli da superare. Non ci fermiamo davanti al primo burocrate che incontriamo (è l’ennesimo in realtà).
Vorremmo che il libro fosse a disposizione di tutti coloro che vogliano leggerlo nella nostra città, quella nella quale siamo cresciuti e per la quale ancora oggi crediamo ci sia speranza di cambiamento e crescita. Nonostante tutto. Altrimenti saremo costretti a chiedere altrove, a cercare una biblioteca più accogliente e una città più umana.



martedì 13 maggio 2014

Provincia... una scandalosa settimana di lavoro

Sulla Bacheca Lavoro della Provincia di Latina (http://co.provincia.latina.it/bachecalavoro/) da giorni c’è un annuncio per la ricerca di 20 operai (dalle liste di mobilità) per un’azienda di Anzio. Offrono un contratto di lavoro settimanale. A parte il fatto che se uno sta in mobilità, percependo le pur misere retribuzioni derivanti da ammortizzatori sociali, difficilmente vi rinuncia per una settimana di lavoro in una fabbrica. Ma trovo immorale che un ente pubblico, seppure in via di dismissione, pubblicizzi una ricerca effettuata da un’agenzia interinale, la Adecco, per un lavoro di una settimana. E come si campa con una settimana di lavoro che manco gli 80 euro di Renzi ti danno? Ma quello che mi stupisce più di tutto è che un’azienda abbia un manager tanto incapace da non saper gestire una commessa, seppure importante, con la forza lavoro esistente senza ricorrere alla presa in giro di una settimana di lavoro per venti persone. Alimentando speranze di successive assunzioni. Una volta ho sentito che alla Findus di Cisterna fanno anche contratti di un giorno. Abbiamo a che fare con i soliti manager incapaci che girano stipendiatissimi le aziende, per farle chiudere. La Provincia, che sta per chiudere (non per manifesta incapacità, come sarebbe giusto), dovrebbe evitare di rendersi complice di questo delinquenziale modo di intendere il lavoro e le persone come merce. Cancellate quell’annuncio, subito! E poi andate a casa.
ps. ah, l'altra offerta è di un porta a porta. Non è scandaloso?

lunedì 12 maggio 2014

Quelli del Pd che non sopportano le domande

Quelli del Pd hanno una certa idiosincrasia per le domande. Semplici domande che potrebbero pure aiutarli nella tanto sbandierata operazione trasparenza che piace al premier. Eppure sono proprio i renziani doc, quelli della prima ora, quelli che sui social network si riempiono la bocca di belle parole, e poi nei fatti si comportano come i vecchi democristiani (con tutto il deteriore che il temine evoca) a sfuggire alle domande. Per esempio io ho chiesto al sindaco di Sezze Andrea Campoli perché la stazione di Sezze Scalo è in quelle condizioni di degrado e abbandono, con scempio del vivere civile e del codice della strada. Non mi ha risposto. Tempo fa alla vicepresidente del consiglio comunale di Latina Nicoletta Zuliani avevo chiesto a chi fosse andata la sua preferenza quando al chiuso delle riunioni in Via Farini si era votato per il capogruppo. Non mi ha risposto. Ieri ho chiesto al capogruppo Alessandro Cozzolino (quello votato anche dalla Zuliani benché la stessa voglia confondere le acque) di dire pubblicamente chi sono i consiglieri che hanno nominato propri amici e parenti per la lista degli scrutatori supplenti il giorno prima di firmare un’ipocrita mozione nella quale si chiede il sorteggio. Non mi ha risposto nemmeno lui. Ora: cari esponenti del Pd, a voi le domande fanno paura, ma gli elettori aspettano risposte, chiare e senza ambiguità. Sennò non vi votano. Come  dimostrano da anni con convinzione crescente.

lunedì 5 maggio 2014

Sezze, lettera aperta al sindaco

Una settimana fa ho scritto questa lettera aperta al sindaco di Sezze Andrea Campoli. Che non mi ha risposto. Peccato, un'occasione persa. La lettera è stata pubblicata anche sul sito www.mondoreale.it.
Caro sindaco Andrea Campoli,
ogni mattina dalla stazione di Sezze Scalo prendo il treno che mi porta a Roma per lavorare. E puntualmente ogni mattina una decina di macchine impunemente occupa senza permesso il posto riservato ai disabili. Quando ho contestato questo atteggiamento a un automobilista mi ha risposto che non ci sono i cartelli e le strisce gialle non si vedono. Naturalmente riporto in italiano quanto proferito in un linguaggio ben scurrile. È vero, comunque, i cartelli sono stati divelti (come si evince dalle foto) ma la segnaletica orizzontale, sebbene scolorita, si vede benissimo. E penso anche che le convenzioni e il buon senso in certi casi dovrebbero prevalere. Ora, mi permetto di suggerirti di mettere a posto la segnaletica per evitare alibi a questi incivili e poi mandare ogni tanto senza preavviso un paio di vigili urbani, che potrebbero sanzionare anche quei cittadini che, nonostante alle sei del mattino il parcheggio sia quasi totalmente libero, decidono di lasciare comodamente le auto fuori dalle strisce proprio davanti all’entrata del sottopassaggio. E qui siamo alle note dolenti. Il sottopassaggio serve ormai solo per fumare, perché i viaggiatori che vanno verso Sezze attraversano tranquillamente i binari. Anche in quel breve tratto di terra di nessuno non ci sono cartelli con l’indicazione dei divieti antifumo. Ora, le FS hanno deciso di non investire sulla nostra stazione di Sezze (niente bagni, nessuna biglietteria, annunci aleatori e imprecisi), ma noi possiamo renderla vivibile, per quello che ci compete. Noi come cittadini ci dobbiamo assumere la responsabilità di condividere uno spazio in maniera civile, rispettando i luoghi e gli altri. Capisco che il problema in certi casi non è rappresentato dall’amministrazione ma dagli amministrati, ma un Comune e soprattutto un Comune di centrosinistra deve assumersi la responsabilità di un cambiamento di cultura delle persone.
Con stima.
Teresa Faticoni

LIEVITO, CHE BELLO

È finita la terza edizione di Lievito, la seconda cui ho partecipato attivamente, la prima in cui sono stata coordinatrice dell’ufficio stampa. È stata un’edizione magica, il cui acmè è stato il bellissimo spettacolo di Nicola Piovani che con una lezione concerto ha acceso la luce su quanto sia possibile fare e invece non si fa. Per pigrizia, per inedia, per ignoranza o lassismo. Ma non si fa. Di politici se ne sono visti pochi dalle parti di Lievito, il professionista del presenzialismo falsoccio e leccaculo non manca mai, certo, ma di chi ha la responsabilità di decidere davvero si è tenuto alla larga da Palazzo Mad, dal D’Annunzio e da tutti i contenitori vuoti che Damiano Coletta e gli altri hanno riempito in questi frenetici e bellissimi dieci giorni. Il sindaco di Latina domenica pomeriggio piuttosto che lo splendido concerto di Marco Russo (musiche originali, una vera chicca) ha preferito la sfilata di moda per bambini e per adulti in un centro giochi privato. Io lascio questa edizione di Lievito con una speranza. Che non sia più solo l’unica rassegna di eventi culturali a Latina, l’importante appuntamento di Rinascita civile con la primavera, ma diventi un punto di partenza politico sul quale costruire tutto l’anno. E che la politica cominci a sporcarsi le mani con il Lievito. Che poi cresce. 
Ps. Approfitto di questo spazio per ringraziare Stefania Belmonte, Francesca Di Folco, e Federica Reggiani

mercoledì 27 novembre 2013

Morte perinatale, che il 15 ottobre sia una Giornata nazionale di consapevolezza


Nella sala stampa della Camera dei Deputati è stata presentata la proposta di legge per l’istituzione della Giornata nazionale della consapevolezza sulla morte perinatale «il punto di approdo di un lavoro svolto nella precedente legislatura», spiega Marzia Masiello, la moderatrice dell’incontro. La conferenza è cominciata con l’emozione fortissima di Emanuela Pirino, una mamma speciale, che ha raccontato la sua esperienza nel libro “Alessandra Buffone, la sua vita per la mia”. Ha letto qualche stralcio del volume, e la voce le si è spezzata quando ripercorreva nelle sue stesse parole messe nero su bianco l’incontro con quella bambina bellissima, che assomiglia all’altro suo figlio. Anche Marzia Masiello fa fatica a raccogliere il tono giusto di voce, pizzicato da quella commozione che ha percorso tutta la sala, piena di mamme speciali di CiaoLapo. Accanto alla Masiello, che snocciola i numeri (più di 2000 famiglie in Italia vengono colpite da un lutto simile, nel 70% dei casi si possono individuare le cause con un esame attento) il senatore Aldo Di Biagio, promotore a Palazzo Madama del disegno di legge, il deputato Matteo Biffoni, che della proposta si è fatto portavoce a Montecitorio, la presidente di CiaoLapo onlus, Claudia Ravaldi e il vicepresidente Alfredo Vannacci. «La morte perinatale è una piaga sociale e una falla del sistema», dice Di Biagio che enuclea qualche dato e sottolinea come sia paradossale che in Italia non sia stata ancora istituzionalizzata la giornata del 15 ottobre. Quella giornata in cui già di fatto si ricordano i bimbi morti in utero o appena dopo la nascita, accendendo candeline che si uniscono idealmente in una onda di luce che attraversa il mondo. Giornata necessaria per ricevere e condividere, spiega il senatore di Scelta Civica, «informazioni da strutture mediche, media, associazioni, per avere risposte significative. L’istituzione della Giornata sarebbe uno strumento di crescita sociale, di tutela medica e di consapevolezza culturale». L’onorevole Matteo Biffoni dimostra di conoscere bene CiaoLapo, e si vede che in quello che fa c’è anche un pezzo di cuore, non solo la testa. «La politica – afferma Biffoni – deve dare risposte anche a questioni che attengono alla vita delle persone e che potrebbero essere rimandate di fronte a cose più urgenti. Ma se vogliamo un Paese migliore che allarghi la base dei diritti dobbiamo passare attraverso proposte del genere». Non una resa al fato, secondo Biffoni, ma necessità di approfondimento «per evitare questi drammi – continua il deputato del Partito democratico – e quando accadono c’è bisogno di stare accanto alle famiglie. C’è ancora tanta strada da fare ma il percorso che stiamo intraprendendo oggi è quello giusto per donare a questo Paese un diritto in più». Il momento più atteso in sala è quello in cui parla Claudia Ravaldi, presente nella doppia veste di medico ricercatore e di mamma di Lapo: «Fare rete in Italia sta diventando sempre meno un tabù», spiega la Ravaldi che ricorda come da ricercatrice si è occupata di disagio psichico il quale deriva da una negazione. E quale negazione più eclatante di una mamma cui viene sottratta la possibilità di crescere suo figlio? «Il lutto non è una malattia – spiega la presidente di CiaoLapo onlus – ma c’è una grande solitudine che resta tale dal punto di vista psicologico e psico-sociale come se questa morte fosse meno importante». La Ravaldi è un fiume in piena, il povero cronista fatica a prendere appunti. «Dove non c’è una spiegazione – sostiene – significa che la medicina non ha ancora fatto progressi per darne una». Quindi bisogna conoscere, studiare, e intraprendere un percorso psico-sociale per superare quella che la Ravaldi chiama la “faglia di resistenza psicologica”. Tanto che riferendosi a CiaoLapo qualcuno ha usato la definizione di “associazionismo scientifico”. «L’Italia è il fanalino di coda – esordisce il dottor Vannacci – al nostro Paese dal punto di vista politico e scientifico non mancherebbe niente per essere all’avanguardia». CiaoLapo ha diffuso un questionario e dalle risposte delle oltre mille persone emerge un quadro drammatico. «Il 40% ha ricevuto assistenza inadeguata, registriamo una forte barriera comunicativa tra operatore sanitario e genitore. Oltre il 70% dice che non gli è stato proposto di creare ricordi. Nella metà dei casi non viene fatto nessuna approfondimento. Negli ospedali, da nord a sud senza distinzione tranne alcune isole felici, non vengono seguite le raccomandazioni degli organismi internazionali che si occupano di morte perinatale». Per questo serve una Giornata dedicata alla consapevolezza, perché come ricorda Vannacci, «è un problema sentito da tutte le parti sociali, basta metterle insieme per portare a casa il risultato». La chiusura dell’appuntamento è all’insegna dell’emozione, come lo era stato l’inizio. Marzia Masiello legge ancora un pezzo di libro, che è un pezzo di vita di tutte le mamme speciali.

sabato 20 luglio 2013

Ciao Rita, amica e maestra

Rita Calicchia con l'assessore Sovrani e la presidente Chiara de Nardis
Oggi pomeriggio sono stata alla morgue della clinica San Marco per salutare per l'ultima volta Rita Calicchia che ci ha lasciato per raggiungere le stelle. Le hanno messo una camicia rossa sgargiante con i brillantini. Ma è stato irreale vedere Rita, quella incazzosa e vitale che mentre faceva una cosa ne aveva pensata un'altra e una terza si stava compiendo, ferma e immobile con un crocifisso in mano. Irreale. 
Rita Calicchia aveva dato senso alla mia ambizione di fare la giornalista, un giorno che mi fece i complimenti davanti a un sacco di gente. Ero intimorita, eppure non ero proprio una ragazzina. Ma davanti a lei, che ha inventato la comunicazione istituzionale e politica in questa provincia e che scriveva di economia e sindacale sul Tempo, mi sentivo piccola piccola. Era un mito per me, coraggiosa e determinata non aveva paura davanti a niente, non abbassava gli occhi davanti a nessuno, e diceva quello che pensava senza timore di niente e di nessuno. Era una tosta, che sapeva sorridere con dolcezza. Ma quando lavorava era fiera e determinata, non c'era spazio per giocare. Per questo i suoi complimenti mi fecero diventare rossa. Erano sinceri e senza fronzoli. 
Poi siamo diventate amiche. Quando pochi mesi fa al Comune di Latina ha presentato con Chiara De Nardis l'associazione "Diamole peso" ha detto: «Anche chi passa un periodo brutto, sa che può rinascere». Avevo scritto la frase in un biglietto e avevo chiesto a Sara di recapitarle quel foglio di speranza, per dirle grazie. Poi la vita certe volte è una brutta vita, e ti porta via in pochi giorni con una faccia spigolosa che non è la tua e ti ammazza prima di ucciderti. Oggi abbraccio la mamma di Rita che ha perso una figlia e le sue sorelle Angela e Serenella. Ma voglio abbracciare anche Sara. Per tutto quello che è e che fa.
La ricordo con un cappello borsalino il giorno che al bar Cifra presentò con Cinzia Leone il progetto dell'ambulanza veterinaria. Era bella, Rita. 

domenica 23 giugno 2013

Io sto con la gente normale, che non tira i sassi per strada

«A’ frocetto vie’ qua». Certi sciamannati li chiamano così, per sfottere. Certi non parlano, ma tirano pietre ad alzo zero. Per questi motivi, e per tanti altri ancora ieri ad Aprilia c’è stata la manifestazione per dire “No all’omofobia”, organizzata da Sinistra ecologia e libertà, Partito democratico, Federazione della sinistra, Anpi, cui ha aderito Primavera apriliana, dopo che una sera in Via Inghilterra a Federico hanno tirato delle pietre. Ci sono andata con il mio amico Tommy Tommy, che vuole diventare Jasmine. E che si prende un sacco di insulti perché lo dice. C’era Imma Battaglia, esponente storico del movimento omosessuale in Italia che ha parlato tenendo Federico per mano, che è riuscito a dire solo «grazie, sono molto emozionato», mentre una ragazza piangeva; c’erano  parlamentari di Sel, qualche politico locale, e tanta gente comune. Gente che non ti aspetti, che se un figlio confessasse di essere gay soffrirebbe, ma che sa che l’unico modo di vivere è quello per cui ognuno è uguale e diverso. E mi sono sentita a casa, anche se ero in una città che non è la mia, lontano dalla mia gente solita. Ho capito che cambiare è si può, ma prima di parlare di matrimoni gay et similia ci vuole una legge che dica che l’omofobia è un reato. Così la prossima volta che tirano i sassi a Federico qualcuno finisce in caserma, e magari una seconda volta ci pensa meglio prima di prendere pezzi di asfalto e lanciarli contro uno che cammina ignaro per la strada. Qua non si tratta di leggi, ma proprio di educazione e di cultura, per cui ho deciso di metterci la faccia, anche se è scomodo, se non conviene e se non è popolare. Ma è giusto.
Io sto con Federico, che ha denunciato, con Tommy, con Imma, con un sacco di lettere puntate per non dire il nome che non sarebbe giusto ma che sono pezzi di cuore e tutta l’altra gente normale che se vede un eterosessuale non gli tira i sassi per la strada.

PS Nel 2007 grazie al sindaco Sandro Bartolomeo che istituì a Formia il registro delle unioni civili ho avuto la conferma che fosse giusto metterci la faccia sempre. Intervistai l'allora consigliere comunale Delio Fantasia e il presidente dell'Arcigay Aurelio Mancuso. E fu una delle poche volte in cui ebbi la sensazione netta che valeva la pena fare questo mestiere di raccontare. Una vita fa


domenica 5 maggio 2013

Un giro gratis sulla giostra dell'orrore


Al cimitero di Latina c’è un emiciclo nel quale hanno messo insieme tutti i bambini che hanno lasciato questo mondo. In questo posto così assurdo, per il quale in nessuna lingua hanno inventato parole, per il quale non vale la pena cercarne tanto è doloroso e folle, qualcuno la domenica mattina ci va a far le gite dopo essersi pulito la coscienza con il fiore di plastica. Come definirli questi sciacalli che passeggiano intorno e commentano? Io li chiamo pervertiti, in cerca di un brivido macabro senza rischio. Sono quelli che vanno a fare la foto davanti la villetta di Cogne, o fanno la fila per assistere all’udienza con lo zio di Avetrana; e con lo stesso spirito vanno al cimitero di Latina tra i fiori bianchi e i giochi con i quali nessun bambino giocherà mai , a compiacersi (chissà, forse anche senza esserne consapevole, la gente meschina quasi mai lo è) che una simile tragedia non sia capitata a loro. Perché questo è il discrimine tra trasgressione e perversione: la prima diverte anche gli altri, la seconda ferisce; l’una si condivide, l’altra è egoista. Un giro gratis sulla giostra dell’orrore, anzi, al prezzo del dolore altrui, non si nega a nessuno. 

sabato 27 aprile 2013

Il popolo bue e Brunetta


Leggo sui giornali il racconto di questa Italia. Un Paese dove è possibile che la borsa di un generale ucciso sia stata persa per 31 anni e ritrovata nel bunker del tribunale di Palermo, però vuota. E adesso cercano le carte. (sic!). Dove i carabinieri sparano in aria per disperdere la folla inferocita per via dell’immondizia che invade le strade di una città bella e drammatica come Palermo. Come sono contraddittorie e dolorose le città, le donne e le storie del sud. Dove un premio Nobel irride un nano e la sinistra non dice nulla. Perché se l’offesa è di Dario Fo rivolta a uno come Brunetta è meno offesa? Ci sono tanti e tali motivi per demolire uno come Brunetta che la sua altezza davvero non fa notizia. Questa è l’Italia in cui mentre la gente, impossibilitata democraticamente da una legge elettorale assurda, per esercitare il proprio diritto a scegliersi la classe dirigente è costretta a votare Grillo, loro, quelli della classe dirigente non scelta ma investita, pensano di riproporci i vari Alfano (no comment), il Brunetta di cui sopra, la Maria Stella Gelmini che ha devastato la scuola, il Dalemone che ha fatto il tempo e il guaio suo, la Bindi che non la sopportano più nemmeno i suoi parenti e varia compagnia marcia cantando. Siamo il popolo bue e loro lo sanno: possono farci di tutto e noi accettiamo supinamente. Ma prima o poi pure i buoi si incazzano. O no?
ps: qualche riga in più oltre alle classiche quindici per dire NOOOO BRUNETTA MINISTRO NOOOOOOOO

lunedì 22 aprile 2013

Intimamente fascisti


Tutti quelli che vanno in piazza a dire chi sarebbe dovuto essere il presidente della Repubblica vengono imbeccati da solerti giornalisti: lei vuole l’elezione diretta del capo dello Stato? I manifestanti dicono sì. Urlano e la voce si fa più acuta nel finale, come quella degli esagitati. Non è un coro, ma uno strillo. Il coro darebbe il senso di comunità, lo strillo è solitario. Solo che poi non sanno nemmeno cosa significhi e quali conseguenze dirette e indirette abbia un cambiamento così radicale. Io leggo solo una cosa in queste folle così agitate: l’italiano cerca un “conducator”, ha bisogno del ducetto di turno, perché non vuole assumersi la responsabilità della partecipazione, della delega e della libertà. Meglio essere dominati che partecipare al governo del proprio Paese. L’italiano medio è un fascista passivo travestito da democristiano. È un molle, un debole e un indolente. Che non delega ma scarica. Che strilla ma non dice. Che manifesta ma non dimostra. Che giudica ma non sceglie. E così si giustifica Grillo, che ci mette la faccia forte di una impunità non legale ma sociale. Lui che non si è candidato, non ha la responsabilità dell’eletto. E così si giustificano i giovani turchi, che campavano alle spalle di Bersani e lo hanno rinnegato al primo canto del gallo. E così si giustifica CasaPound, che indottrina i suoi ma non insegna. “Limortaccitua” è la critica politica più feroce che ho sentito. E qualche morto nella tomba si starà rivoltando. Che dolore.

domenica 14 aprile 2013

Metro e shorts: la differenza tra nord e sud


Una differenza abissale, una frattura profondissima divide il nord dal sud dell’Italia. Sembra di essere tornati negli anni ’60, quando questo abisso si è scavato nel fondo, disegnando due mondi diversi, inconciliabili, due Italie, due genti che le abitano, con commistioni belle e significative, ma che descrivono due opposti poli destinati a non ricongiungersi mai.A Milano le ragazze si vestono alla moda e sono carine, e non portano quegli orrendi shorts a vita alta che mortificano le forme più deliziose. A Roma spopolano. E sono davvero brutti. A Milano compri il biglietto, prendi la metro, e in certe stazioni devi timbrarlo anche all’uscita. Perchè se usufruisci di un servizio lo devi pagare. A Roma il biglietto non sai nemmeno come comprarlo, perché anche se c’è scritto che le macchinette automatiche prendono banconote fino a cinquanta euro, la lunghissima fila davanti agli infernali aggeggi ti dice urlando che funzionano solo a monete, se si è fortunati. Dopo centinaia di prove e di improperi un impiegato, ben nascosto in un gabbiotto, sollecitato a una risposta dice di andare da un’altra parte per comprare il ticket. Ecco, la differenza sta qua: nel muoversi e nello stare fermi, nel pensarci o nel fregarsene, nel rispetto della cosa pubblica o nell’uso a proprio uso e consumo, nell’armonia o nella prepotenza, nello strillare o nel dire, nel mostrarsi e non esibirsi. 

giovedì 22 novembre 2012

Io amo chi mi pare



Votiamo il frocio, e non l’imbecille. E vestiamo tutti di rosa, e di fucsia, e verde nero giallo viola amaranto e celeste. E amiamo chi ci pare, come ci pare, quando ci pare. Come si fa a esprimere la propria indignazione con il freno a mano tirato ancora non lo ho imparato, ma cercherò di farlo per dire quanto faccia male all’essere umano il rigurgito di omofobia che oggi ha portato al suicidio un ragazzo di 15 anni e a leggere una scritta su un muro di una scuola di Ischia “Non votate il frocio”. Ma che educazione hanno ricevuto ragazzi che sono talmente pressanti, insistenti da perseguitare un loro compagno e spingerlo a infliggersi la morte, perché portava i pantaloni rosa. E che razza di esempio hanno seguito quelli che prendono una bomboletta spray per scrivere una tale idiozia, intrisa di fascismo e violenza, sui muri della scuola? Il problema è sempre e solo la cultura che manca, che ha paura dell’altro e si nasconde dietro la violenza per timore e mai, nemmeno una volta, per coraggio. Paura di riconoscere nell’altro uno diverso da noi stessi, che ci piacciamo tanto, o forse paura fottuta di riconoscere in quel diverso uno come noi. 

giovedì 15 novembre 2012

Libertà, educate i ragazzi alla libertà


I fatti
Il via lo hanno dato i ragazzi dello scientifico G. B. Grassi. Hanno occupato la scuola ed è stata un’occupazione pacifica. I ragazzi di tutta Italia, e anche quelli di Latina, protestano contro il disegno di legge “Aprea”(Norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche statali) sull’autonomia della scuola. Ai ragazzi non piace l’articolo che afferma che: “Alle istituzioni scolastiche è riconosciuta autonomia statutaria, nel rispetto delle norme generali sull’istruzione”. In sostanza nei consigli di istituto si demandano molte funzioni e strategie all’autonomia decisionale dei dirigenti, e il timore è che la rappresentanza studentesca venga limitata in qualche modo. E poi ci sono i tagli che il ministro Profumo sembra voler comminare, come ogni ministro che si è succeduto al ministero di Viale Trastevere, al mondo della scuola.
Per queste ragioni anche i ragazzi di Latina hanno deciso di protestare, tanto che ieri mattina gli studenti del Majorana si sono riuniti in assemblea - dopo che la vicepreside aveva chiuso i laboratori per paura che venissero danneggiati -  nel cortile della scuola e poi verso le 14 hanno “occupato”.


C’era anche la Formica rossa
I ragazzi erano chiusi a chiave nel recinto della scuola, e volevano parlare, seppure con qualche reticenza, solo attraverso le sbarre alte due metri. Non sapevano cosa fosse un “didielle”, ma ripetevano a memoria una lezioncina imparata chissà dove e declinata nel dialetto pontino che spezza i verbi e i nomi e li fa diventare tutti tronchi. Ragazzi con l’apparecchio di ferro ai denti e i vestiti che aspirano a raccontar qualcosa impediscono a chiunque di entrare perché «così ha detto la vicepreside». 
Ma questa è un’occupazione morbida, gestita dalla vicepreside che chiusa nel suo ufficio urla ai giornalisti di andar via.
Inutile spiegare a questi rivoluzionari col culo al caldo che i giornalisti erano lì per raccontare le loro ragioni. Inutile e molto amaro. Anche la Digos era incredula, stupefatta di quello che stava accadendo. 
Mentre a Roma si facevano picchiare per dire basta a questo mondo ingiusto, questi si sono messi a protestare con la giustificazione.
Perché erano invasati da questa occupazione comoda, di questa autogestione eterodiretta, con il beneplacito della dirigenza che si è preoccupata prima di portare “la roba” al sicuro.
Che pena questi giovanotti che, come diceva qualcuno, se a venti anni non sono rivoluzionari a quaranta saranno informatori della polizia.
Possibile che questi ragazzi non abbiano mai incontrato nella loro strada qualcuno che li abbia educati alla libertà?





mercoledì 10 ottobre 2012

Se Di Pietro tornasse pm per un giorno


Basta Renata, vai a casa. Stai occupando abusivamente un ruolo che hai usurpato con quel ghigno romanaccio, con quel birignao da borgatara, con quell’aspetto da ciaciona che nulla ha a che fare con il rispetto delle istituzioni democratiche che chiunque ricopra una carica elettiva dovrebbe avere. (Mi piace sempre ricordare i vestiti della Iotti). Mantenere i vari Fiorito e Maruccio ci costa 350mila euro al giorno. Quindi, cara Renata, i soldi per indire elezioni democratiche non ci sarebbero. Ma per pagare questi mangiapane a tradimento li trovi. Sembra, con franchezza, una presa in giro. Solo che siamo arrivati al punto di non ritorno. Quello in cui i cittadini non se le bevono più le fregnacce che racconti. E per te, prode villana de noantri, non vale il discorso che tempo fa azzardammo per Berlusconi: dategli un salvacondotto purchè lasci il governo del Paese. No, a te sconti sembra non ne saranno fatti. Perché quell’arroganza con cui additavi dal palco “le zecche” invitandole ad apsettarti “fuori”, quella proprio non te la si può perdonare. Maruccio, si diceva… Se Di Pietro lo avesse beccato venti anni fa lo avrebbe “suicidato” in carcere.

sabato 22 settembre 2012

La società dei magnaccioni


a noi ce piace de magna e beve 


Mentre questi "magnano" ostriche vestiti (e non travestiti) da troie e maiali, qualcuno aspetta da quasi un anno che la Regione Lazio paghi la cassa integrazione. Quattro spicci di sopravvivenza negati in favore di sobri festini sul tema antica Roma con donne scosciate, palpeggiamenti vari e fiumi di champagne alla faccia nostra. Tutto ciò premesso io non credo nemmeno sia giusto spendere fior di quattrini pubblici per i manifesti che vanno poi a insozzare le nostre città di faccioni di bronzo. Cornuti e mazziati, due volte. Con quel piglio prepotente e giustificato da 26mila voti ci dobbiamo anche sorbire Francone batman, al secolo Franco Fiorito, il cui acme del curriculum studiorum è stato raggiunto con un “eccellente” guadagnato per l’ottima prestazione in terza media. IN TERZA MEDIA. Così afferma la mamma dello scarrafone di Anagni. 26mila cafoni, magnoni, prepotenti e con la terza media hanno scritto Fiorito sulla scheda elettorale. Non sempre il popolo è migliore di chi lo rappresenta. Almeno non in questo caso. Evviva la società dei magnaccioni 

giovedì 13 settembre 2012

Mentre ci fregano noi balliamo la macarena

ImmagineParliamo di conflitto di interessi. Una cosa che né destra né sinistra hanno mai voluto risolvere. E tutte e due sono in malafede. Ora, è una cosa odiosa perché sfacciatamente ci si approfitta di una posizione di potere per gestirsi gli affari privati. Il che toglie proprio le fondamenta dell’impegno politico, associativo et similia: l’occuparsi del bene comune. Eppure a tutti i livelli bisogna assistere a questo scempio di democrazia e tacere. Perché con il circo ci mettono a tacere. Cioè con un po’ di pane raffermo e due buffoni di corte hanno placato le nostre indignazioni. Qualcuno con il Bagaglino e Martufello, qualcuno con la carnevalata estiva sul lungomare. Un fil rouge di sciocchezza che lega le situazioni che porta il marchio pontino. Finalmente trovata la vera vocazione di questo territorio: la ruffianeria. Ma basta una ballo di gruppo per dire che tutto va bene dalle parti della Marina? E se il mare è sporco e puzza, ma qualcuno ti dice che non è inquinato, bisogna accontentarsi di questo e fare il bagno nella fogna lo stesso? E poi tutti a cena a mangiare il piatto tipico pontino al sapore di kiwi (guarda un po’). Insomma, sa tutto di finto e artefatto, creato ad hoc per distogliere lo sguardo di chi potrebbe accorgersi che qualcosa non va, che ci stanno fregando sotto il naso mentre muoviamo il culo con la macarena.

Latina, benvenuti al sud

Latina è ormai una città del meridione d'Italia. Con tutti i difetti che questo comporta senza godere dei pregi che essere sud del mondo comporta. Una città piena di contraddizioni, come è piena di contraddizioni Napoli e come lo è la Sicilia. A Napoli una perla come il Palazzo Zevallos, dove la banca Intesa San Paolo (che ne è proprietaria) custodisce e mette a disposizione gratuitamente di tutti l'ultima opera di Caravaggio  - Il martirio di Sant'Orsola -,  è incastonata nel caos disordinato e senza regole di via Toledo su cui si affacciano rioni degradati e abbandonati della Napoli più popolare e sciatta. Come gettare un pugno di diamanti sulla terra arida. In Sicilia la splendida Selinunte si affaccia su un parcheggio abbandonato e costruito con i soldi della Comunità europea e su centinaia di case costruite abusivamente. Contraddizioni che rendono affascinanti questi luoghi ma che spingono al rimpianto di non saperli vivere come si dovrebbe. Torniamo a Latina, dove il teatro D'Annunzio cade a pezzi, con i cornicioni che da mesi incombono su Via Don Minzoni, sulle teste di chi mangia la pizza napoletana in quel locale sempre affollatissimo che sta lì accanto. Poi ti capita, come è successo a me il 21 giugno scorso, di entrare e partecipare al concerto delle Piccola orchestra delle musiche del mondo diretta dalla meravigliosa Luigia Berti. ImmagineHo ascoltato un omaggio ai bambini di strada di Jorge Amado. Un omaggio alla vita. Mi sono resa conto di quello che questo territorio così pieno di commistioni può dare. Luigia, una grande artista che insegna ai bambini la musica e la vita, meriterebbe di più da Latina che invece esalta i finti talenti in nome di appartenenze o ruffianerie. E Latina dovrebbe esigere di più da se stessa. Non lasciare che i bimbi della Pomm si esibiscano in un teatro che cade a pezzi. Welcome to latina, benvenuti al sudImmagine

Bersaglieri e Calippo

ImmagineLa premessa di questa quindici righe è che io alla festa dei bersaglieri non ho partecipato. Non mi andava. Però leggo – e ho cominciato a leggerne a poche ore dalla sfilata conclusiva quando ancora qualche cappello piumato si aggirava per le strade della città chiuse (male) al traffico – che i commercianti sono rimasti delusi, gli alberghi con un palmo di naso, i cittadini annoiati e i bersaglieri annoiati. Non c’era nulla da fare, sembra, per i partecipanti al raduno nazionale. Ora: prendiamo uno che sta in giro per il centro di sabato pomeriggio quando la città dovrebbe essere invasa dai turisti e ha sete e vuol comprarsi un calippo. Quel megaghiacciolone dell’Algida che refrigera anche i pomeriggi più afosi. Ecco, quel tapino assetato può solo sognare il ghiacciolo. In giro per Latina, nei bar fighetti in cui se ci si vuole andare per regola si deve parcheggiare in doppia fila, i gelati non li vende più nessuno. Al massimo un sorbetto, che fa più cool. Ora: il link tra il bersagliere e il calippo sta nella pessima offerta che la città di Latina propone a turisti e cittadini. Non c’è offerta, c’è una sola offerta. Il monopolio del fighetto, dell’aperitivo che scimmiotta la Milano da bere, del bar che non si chiama più bar ma locale: tutto ciò sta sta uccidendo questa città. E vedere i bersaglieri spersi e annoiati nelle strade del centro faceva pensare a come potremmo essere, e non siamo. E non saremmo mai se non riportiamo nei bar del centro i gelati algida con il calippo per chi ha tanta sete.