Rita Calicchia con l'assessore Sovrani e la presidente Chiara de Nardis |
Rita Calicchia aveva dato senso alla mia ambizione di fare la giornalista, un giorno che mi fece i complimenti davanti a un sacco di gente. Ero intimorita, eppure non ero proprio una ragazzina. Ma davanti a lei, che ha inventato la comunicazione istituzionale e politica in questa provincia e che scriveva di economia e sindacale sul Tempo, mi sentivo piccola piccola. Era un mito per me, coraggiosa e determinata non aveva paura davanti a niente, non abbassava gli occhi davanti a nessuno, e diceva quello che pensava senza timore di niente e di nessuno. Era una tosta, che sapeva sorridere con dolcezza. Ma quando lavorava era fiera e determinata, non c'era spazio per giocare. Per questo i suoi complimenti mi fecero diventare rossa. Erano sinceri e senza fronzoli.
Poi siamo diventate amiche. Quando pochi mesi fa al Comune di Latina ha presentato con Chiara De Nardis l'associazione "Diamole peso" ha detto: «Anche chi passa un periodo brutto, sa che può rinascere». Avevo scritto la frase in un biglietto e avevo chiesto a Sara di recapitarle quel foglio di speranza, per dirle grazie. Poi la vita certe volte è una brutta vita, e ti porta via in pochi giorni con una faccia spigolosa che non è la tua e ti ammazza prima di ucciderti. Oggi abbraccio la mamma di Rita che ha perso una figlia e le sue sorelle Angela e Serenella. Ma voglio abbracciare anche Sara. Per tutto quello che è e che fa.
La ricordo con un cappello borsalino il giorno che al bar Cifra presentò con Cinzia Leone il progetto dell'ambulanza veterinaria. Era bella, Rita.