Nella sala stampa della Camera dei Deputati è stata
presentata la proposta di legge per l’istituzione della Giornata nazionale della
consapevolezza sulla morte perinatale «il punto di approdo di un lavoro svolto
nella precedente legislatura», spiega Marzia Masiello, la moderatrice
dell’incontro. La conferenza è cominciata con l’emozione fortissima di Emanuela
Pirino, una mamma speciale, che ha raccontato la sua esperienza nel libro
“Alessandra Buffone, la sua vita per la mia”. Ha letto qualche stralcio del volume,
e la voce le si è spezzata quando ripercorreva nelle sue stesse parole messe
nero su bianco l’incontro con quella bambina bellissima, che assomiglia
all’altro suo figlio. Anche Marzia Masiello fa fatica a raccogliere il tono
giusto di voce, pizzicato da quella commozione che ha percorso tutta la sala,
piena di mamme speciali di CiaoLapo. Accanto alla Masiello, che snocciola i
numeri (più di 2000 famiglie in Italia vengono colpite da un lutto simile, nel
70% dei casi si possono individuare le cause con un esame attento) il senatore
Aldo Di Biagio, promotore a Palazzo Madama del disegno di legge, il deputato
Matteo Biffoni, che della proposta si è fatto portavoce a Montecitorio, la
presidente di CiaoLapo onlus, Claudia Ravaldi e il vicepresidente Alfredo
Vannacci. «La morte perinatale è una piaga sociale e una falla del sistema»,
dice Di Biagio che enuclea qualche dato e sottolinea come sia paradossale che
in Italia non sia stata ancora istituzionalizzata la giornata del 15 ottobre. Quella giornata in cui già di fatto si ricordano i bimbi morti in utero o appena dopo la nascita, accendendo candeline che si uniscono idealmente in una onda di luce che attraversa il mondo. Giornata necessaria per ricevere e condividere, spiega il senatore di Scelta Civica,
«informazioni da strutture mediche, media, associazioni, per avere risposte
significative. L’istituzione della Giornata sarebbe uno strumento di crescita
sociale, di tutela medica e di consapevolezza culturale». L’onorevole Matteo
Biffoni dimostra di conoscere bene CiaoLapo, e si vede che in quello che fa c’è
anche un pezzo di cuore, non solo la testa. «La politica – afferma Biffoni –
deve dare risposte anche a questioni che attengono alla vita delle persone e
che potrebbero essere rimandate di fronte a cose più urgenti. Ma se vogliamo un
Paese migliore che allarghi la base dei diritti dobbiamo passare attraverso
proposte del genere». Non una resa al fato, secondo Biffoni, ma necessità di
approfondimento «per evitare questi drammi – continua il deputato del Partito
democratico – e quando accadono c’è bisogno di stare accanto alle famiglie. C’è
ancora tanta strada da fare ma il percorso che stiamo intraprendendo oggi è
quello giusto per donare a questo Paese un diritto in più». Il momento più
atteso in sala è quello in cui parla Claudia Ravaldi, presente nella doppia
veste di medico ricercatore e di mamma di Lapo: «Fare rete in Italia sta
diventando sempre meno un tabù», spiega la Ravaldi che ricorda come da
ricercatrice si è occupata di disagio psichico il quale deriva da una
negazione. E quale negazione più eclatante di una mamma cui viene sottratta la
possibilità di crescere suo figlio? «Il lutto non è una malattia – spiega la
presidente di CiaoLapo onlus – ma c’è una grande solitudine che resta tale dal
punto di vista psicologico e psico-sociale come se questa morte fosse meno
importante». La Ravaldi è un fiume in piena, il povero cronista fatica a
prendere appunti. «Dove non c’è una spiegazione – sostiene – significa che la
medicina non ha ancora fatto progressi per darne una». Quindi bisogna
conoscere, studiare, e intraprendere un percorso psico-sociale per superare
quella che la Ravaldi chiama la “faglia di resistenza psicologica”. Tanto che riferendosi
a CiaoLapo qualcuno ha usato la definizione di “associazionismo scientifico”. «L’Italia
è il fanalino di coda – esordisce il dottor Vannacci – al nostro Paese dal
punto di vista politico e scientifico non mancherebbe niente per essere all’avanguardia».
CiaoLapo ha diffuso un questionario e dalle risposte delle oltre mille persone
emerge un quadro drammatico. «Il 40% ha ricevuto assistenza inadeguata,
registriamo una forte barriera comunicativa tra operatore sanitario e genitore.
Oltre il 70% dice che non gli è stato proposto di creare ricordi. Nella metà dei
casi non viene fatto nessuna approfondimento. Negli ospedali, da nord a sud
senza distinzione tranne alcune isole felici, non vengono seguite le
raccomandazioni degli organismi internazionali che si occupano di morte
perinatale». Per questo serve una Giornata dedicata alla consapevolezza, perché
come ricorda Vannacci, «è un problema sentito da tutte le parti sociali, basta
metterle insieme per portare a casa il risultato». La chiusura dell’appuntamento
è all’insegna dell’emozione, come lo era stato l’inizio. Marzia Masiello legge
ancora un pezzo di libro, che è un pezzo di vita di tutte le mamme speciali.