I fatti
Il via lo hanno dato i
ragazzi dello scientifico G. B. Grassi. Hanno occupato la scuola ed è stata un’occupazione
pacifica. I ragazzi di tutta Italia, e anche quelli di Latina, protestano
contro il disegno di legge “Aprea”(Norme
per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche statali) sull’autonomia della
scuola. Ai ragazzi non piace l’articolo che afferma che: “Alle
istituzioni scolastiche è riconosciuta autonomia statutaria, nel rispetto delle
norme generali sull’istruzione”. In sostanza nei consigli di istituto si
demandano molte funzioni e strategie all’autonomia decisionale dei dirigenti, e il timore è che la
rappresentanza studentesca venga limitata in qualche modo. E poi ci sono i tagli
che il ministro Profumo sembra voler comminare, come ogni ministro che si è succeduto al ministero di Viale Trastevere, al mondo della
scuola.
Per queste ragioni anche
i ragazzi di Latina hanno deciso di protestare, tanto che ieri mattina gli
studenti del Majorana si sono riuniti in assemblea - dopo che la vicepreside
aveva chiuso i laboratori per paura che venissero danneggiati - nel cortile della scuola e poi verso le
14 hanno “occupato”.
C’era anche la Formica
rossa
I ragazzi erano chiusi a chiave nel
recinto della scuola, e volevano parlare, seppure con qualche reticenza, solo attraverso le sbarre alte due
metri. Non sapevano cosa fosse un “didielle”, ma ripetevano a memoria una
lezioncina imparata chissà dove e declinata nel dialetto pontino che spezza i
verbi e i nomi e li fa diventare tutti tronchi. Ragazzi con l’apparecchio di
ferro ai denti e i vestiti che aspirano a raccontar qualcosa impediscono a
chiunque di entrare perché «così ha detto la vicepreside».
Ma questa è un’occupazione
morbida, gestita dalla vicepreside che chiusa nel suo ufficio urla ai
giornalisti di andar via.
Inutile spiegare a questi
rivoluzionari col culo al caldo che i giornalisti erano lì per raccontare le
loro ragioni. Inutile e molto amaro. Anche la Digos era incredula, stupefatta di quello che stava accadendo.
Mentre a Roma si facevano picchiare per dire basta a questo mondo ingiusto, questi si sono messi a protestare con la giustificazione.
Perché erano invasati da
questa occupazione comoda, di questa autogestione eterodiretta, con il
beneplacito della dirigenza che si è preoccupata prima di portare “la roba” al
sicuro.
Che pena questi giovanotti che, come diceva qualcuno, se a venti anni non sono rivoluzionari a quaranta
saranno informatori della polizia.
Possibile che questi ragazzi non abbiano mai incontrato
nella loro strada qualcuno che li abbia educati alla libertà?
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