Votiamo il frocio, e
non l’imbecille. E vestiamo tutti di rosa, e di fucsia, e verde nero giallo viola amaranto e celeste. E amiamo chi ci pare,
come ci pare, quando ci pare. Come si fa a esprimere la propria indignazione
con il freno a mano tirato ancora non lo ho imparato, ma cercherò di farlo per
dire quanto faccia male all’essere umano il rigurgito di omofobia che oggi ha
portato al suicidio un ragazzo di 15 anni e a leggere una scritta su un muro di
una scuola di Ischia “Non votate il frocio”. Ma che educazione hanno ricevuto
ragazzi che sono talmente pressanti, insistenti da perseguitare un loro
compagno e spingerlo a infliggersi la morte, perché portava i pantaloni rosa. E
che razza di esempio hanno seguito quelli che prendono una bomboletta spray per
scrivere una tale idiozia, intrisa di fascismo e violenza, sui muri della
scuola? Il problema è sempre e solo la cultura che manca, che ha paura dell’altro
e si nasconde dietro la violenza per timore e mai, nemmeno una volta, per
coraggio. Paura di riconoscere nell’altro uno diverso da noi stessi, che ci
piacciamo tanto, o forse paura fottuta di riconoscere in quel diverso uno come
noi.
giovedì 22 novembre 2012
giovedì 15 novembre 2012
Libertà, educate i ragazzi alla libertà
I fatti
Il via lo hanno dato i
ragazzi dello scientifico G. B. Grassi. Hanno occupato la scuola ed è stata un’occupazione
pacifica. I ragazzi di tutta Italia, e anche quelli di Latina, protestano
contro il disegno di legge “Aprea”(Norme
per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche statali) sull’autonomia della
scuola. Ai ragazzi non piace l’articolo che afferma che: “Alle
istituzioni scolastiche è riconosciuta autonomia statutaria, nel rispetto delle
norme generali sull’istruzione”. In sostanza nei consigli di istituto si
demandano molte funzioni e strategie all’autonomia decisionale dei dirigenti, e il timore è che la
rappresentanza studentesca venga limitata in qualche modo. E poi ci sono i tagli
che il ministro Profumo sembra voler comminare, come ogni ministro che si è succeduto al ministero di Viale Trastevere, al mondo della
scuola.
Per queste ragioni anche
i ragazzi di Latina hanno deciso di protestare, tanto che ieri mattina gli
studenti del Majorana si sono riuniti in assemblea - dopo che la vicepreside
aveva chiuso i laboratori per paura che venissero danneggiati - nel cortile della scuola e poi verso le
14 hanno “occupato”.
C’era anche la Formica
rossa
I ragazzi erano chiusi a chiave nel
recinto della scuola, e volevano parlare, seppure con qualche reticenza, solo attraverso le sbarre alte due
metri. Non sapevano cosa fosse un “didielle”, ma ripetevano a memoria una
lezioncina imparata chissà dove e declinata nel dialetto pontino che spezza i
verbi e i nomi e li fa diventare tutti tronchi. Ragazzi con l’apparecchio di
ferro ai denti e i vestiti che aspirano a raccontar qualcosa impediscono a
chiunque di entrare perché «così ha detto la vicepreside».
Ma questa è un’occupazione
morbida, gestita dalla vicepreside che chiusa nel suo ufficio urla ai
giornalisti di andar via.
Inutile spiegare a questi
rivoluzionari col culo al caldo che i giornalisti erano lì per raccontare le
loro ragioni. Inutile e molto amaro. Anche la Digos era incredula, stupefatta di quello che stava accadendo.
Mentre a Roma si facevano picchiare per dire basta a questo mondo ingiusto, questi si sono messi a protestare con la giustificazione.
Perché erano invasati da
questa occupazione comoda, di questa autogestione eterodiretta, con il
beneplacito della dirigenza che si è preoccupata prima di portare “la roba” al
sicuro.
Che pena questi giovanotti che, come diceva qualcuno, se a venti anni non sono rivoluzionari a quaranta
saranno informatori della polizia.
Possibile che questi ragazzi non abbiano mai incontrato
nella loro strada qualcuno che li abbia educati alla libertà?
mercoledì 10 ottobre 2012
Se Di Pietro tornasse pm per un giorno
Basta Renata, vai a casa. Stai occupando abusivamente un
ruolo che hai usurpato con quel ghigno romanaccio, con quel birignao da
borgatara, con quell’aspetto da ciaciona che nulla ha a che fare con il
rispetto delle istituzioni democratiche che chiunque ricopra una carica
elettiva dovrebbe avere. (Mi piace sempre ricordare i vestiti della Iotti). Mantenere
i vari Fiorito e Maruccio ci costa 350mila euro al giorno. Quindi, cara Renata,
i soldi per indire elezioni democratiche non ci sarebbero. Ma per pagare questi
mangiapane a tradimento li trovi. Sembra, con franchezza, una presa in giro.
Solo che siamo arrivati al punto di non ritorno. Quello in cui i cittadini non
se le bevono più le fregnacce che racconti. E per te, prode villana de noantri,
non vale il discorso che tempo fa azzardammo per Berlusconi: dategli un
salvacondotto purchè lasci il governo del Paese. No, a te sconti sembra non ne
saranno fatti. Perché quell’arroganza con cui additavi dal palco “le zecche”
invitandole ad apsettarti “fuori”, quella proprio non te la si può perdonare.
Maruccio, si diceva… Se Di Pietro lo avesse beccato venti anni fa lo avrebbe “suicidato”
in carcere.
sabato 22 settembre 2012
La società dei magnaccioni
a noi ce piace de magna e beve |
Mentre questi "magnano" ostriche vestiti (e
non travestiti) da troie e maiali, qualcuno aspetta da quasi un anno che la
Regione Lazio paghi la cassa integrazione. Quattro spicci di sopravvivenza
negati in favore di sobri festini sul tema antica Roma con donne scosciate,
palpeggiamenti vari e fiumi di champagne alla faccia nostra. Tutto ciò premesso
io non credo nemmeno sia giusto spendere fior di quattrini pubblici per i
manifesti che vanno poi a insozzare le nostre città di faccioni di bronzo.
Cornuti e mazziati, due volte. Con quel piglio prepotente e giustificato da
26mila voti ci dobbiamo anche sorbire Francone batman, al secolo Franco
Fiorito, il cui acme del curriculum studiorum è stato raggiunto con un
“eccellente” guadagnato per l’ottima prestazione in terza media. IN TERZA
MEDIA. Così afferma la mamma dello scarrafone di Anagni. 26mila cafoni,
magnoni, prepotenti e con la terza media hanno scritto Fiorito sulla scheda
elettorale. Non sempre il popolo è migliore di chi lo rappresenta. Almeno non
in questo caso. Evviva la società dei magnaccioni
giovedì 13 settembre 2012
Mentre ci fregano noi balliamo la macarena
Parliamo di conflitto di interessi. Una cosa che né destra né sinistra hanno mai voluto risolvere. E tutte e due sono in malafede. Ora, è una cosa odiosa perché sfacciatamente ci si approfitta di una posizione di potere per gestirsi gli affari privati. Il che toglie proprio le fondamenta dell’impegno politico, associativo et similia: l’occuparsi del bene comune. Eppure a tutti i livelli bisogna assistere a questo scempio di democrazia e tacere. Perché con il circo ci mettono a tacere. Cioè con un po’ di pane raffermo e due buffoni di corte hanno placato le nostre indignazioni. Qualcuno con il Bagaglino e Martufello, qualcuno con la carnevalata estiva sul lungomare. Un fil rouge di sciocchezza che lega le situazioni che porta il marchio pontino. Finalmente trovata la vera vocazione di questo territorio: la ruffianeria. Ma basta una ballo di gruppo per dire che tutto va bene dalle parti della Marina? E se il mare è sporco e puzza, ma qualcuno ti dice che non è inquinato, bisogna accontentarsi di questo e fare il bagno nella fogna lo stesso? E poi tutti a cena a mangiare il piatto tipico pontino al sapore di kiwi (guarda un po’). Insomma, sa tutto di finto e artefatto, creato ad hoc per distogliere lo sguardo di chi potrebbe accorgersi che qualcosa non va, che ci stanno fregando sotto il naso mentre muoviamo il culo con la macarena.
Latina, benvenuti al sud
Latina è ormai una città del meridione d'Italia. Con tutti i difetti che questo comporta senza godere dei pregi che essere sud del mondo comporta. Una città piena di contraddizioni, come è piena di contraddizioni Napoli e come lo è la Sicilia. A Napoli una perla come il Palazzo Zevallos, dove la banca Intesa San Paolo (che ne è proprietaria) custodisce e mette a disposizione gratuitamente di tutti l'ultima opera di Caravaggio - Il martirio di Sant'Orsola -, è incastonata nel caos disordinato e senza regole di via Toledo su cui si affacciano rioni degradati e abbandonati della Napoli più popolare e sciatta. Come gettare un pugno di diamanti sulla terra arida. In Sicilia la splendida Selinunte si affaccia su un parcheggio abbandonato e costruito con i soldi della Comunità europea e su centinaia di case costruite abusivamente. Contraddizioni che rendono affascinanti questi luoghi ma che spingono al rimpianto di non saperli vivere come si dovrebbe. Torniamo a Latina, dove il teatro D'Annunzio cade a pezzi, con i cornicioni che da mesi incombono su Via Don Minzoni, sulle teste di chi mangia la pizza napoletana in quel locale sempre affollatissimo che sta lì accanto. Poi ti capita, come è successo a me il 21 giugno scorso, di entrare e partecipare al concerto delle Piccola orchestra delle musiche del mondo diretta dalla meravigliosa Luigia Berti. Ho ascoltato un omaggio ai bambini di strada di Jorge Amado. Un omaggio alla vita. Mi sono resa conto di quello che questo territorio così pieno di commistioni può dare. Luigia, una grande artista che insegna ai bambini la musica e la vita, meriterebbe di più da Latina che invece esalta i finti talenti in nome di appartenenze o ruffianerie. E Latina dovrebbe esigere di più da se stessa. Non lasciare che i bimbi della Pomm si esibiscano in un teatro che cade a pezzi. Welcome to latina, benvenuti al sud
Bersaglieri e Calippo
La premessa di questa quindici righe è che io alla festa dei bersaglieri non ho partecipato. Non mi andava. Però leggo – e ho cominciato a leggerne a poche ore dalla sfilata conclusiva quando ancora qualche cappello piumato si aggirava per le strade della città chiuse (male) al traffico – che i commercianti sono rimasti delusi, gli alberghi con un palmo di naso, i cittadini annoiati e i bersaglieri annoiati. Non c’era nulla da fare, sembra, per i partecipanti al raduno nazionale. Ora: prendiamo uno che sta in giro per il centro di sabato pomeriggio quando la città dovrebbe essere invasa dai turisti e ha sete e vuol comprarsi un calippo. Quel megaghiacciolone dell’Algida che refrigera anche i pomeriggi più afosi. Ecco, quel tapino assetato può solo sognare il ghiacciolo. In giro per Latina, nei bar fighetti in cui se ci si vuole andare per regola si deve parcheggiare in doppia fila, i gelati non li vende più nessuno. Al massimo un sorbetto, che fa più cool. Ora: il link tra il bersagliere e il calippo sta nella pessima offerta che la città di Latina propone a turisti e cittadini. Non c’è offerta, c’è una sola offerta. Il monopolio del fighetto, dell’aperitivo che scimmiotta la Milano da bere, del bar che non si chiama più bar ma locale: tutto ciò sta sta uccidendo questa città. E vedere i bersaglieri spersi e annoiati nelle strade del centro faceva pensare a come potremmo essere, e non siamo. E non saremmo mai se non riportiamo nei bar del centro i gelati algida con il calippo per chi ha tanta sete.
Che palle 'sto Saviano
Che palle Roberto Saviano: ha un’opinione (di solito non richiesta e quasi sempre scontata) su tutto. Sulla nomina della signora Augusta Iannini, coniugata Vespa, all’autorità garante per la privacy lui affida a twitter un amaro commento: “nomine senza trasparenza ora che la priorità sarebbe la fiducia degli elettori...”. Sugli arresti domiciliari bocciati al Senato per Mariano De Gregorio, lui cinguetta: “è scambio politico”. Qualche mese fa ci fu uno dei troppi omicidi di donne per mano di un “amore” (virgolette, ovvio) lui commentò, sempre su twitter: “È ora di chiamare questa barbarie femminicidio". Ci volevi tu, caro Saviano, a suggerire le parole (con un certo gusto particolare per il banale): trasparenza, scambio, femminicidio… Ora: se uno vuol sapere cosa pensa Saviano (un paio di libri all’attivo dopo Gomorra) su tutto lo scibile umano, si iscrive a twitter e diventa un suo follower. Ma non sia mai che sfugga il profondo pensiero dello scrittore-giornalista mafiologo: ci pensa Repubblica a rimbalzare sul web e sulla carta stampata ogni minimo peto intellettuale del nostro. Un quotidiano con una storia importante, una tradizione prestigiosa e penne di prestigio appresso ai cinguettii di Saviano. Abbiamo sfiorato e penetrato il ridicolo. Ora: sarà anche un bravo scrittore (al libro Gomorra io ho preferito il film di Matteo Garrone); gli danno del bravo giornalista perché dice le cose come stanno (ma non dovrebbe essere normale, nel mestiere?); ma un’opinione non richiesta e per giunta scontata su tutto e su tutti è davvero troppo. Anche per il mafiologo con la patente. Quella di Pirandello, per intenderci. e siccome non è vero ma ci credo, meglio esorcizzare con un gesto apotropaico.
Addavenì sbruffone
“Addavenì buffone”: è il titolo più divertente che ho letto sui giornali sulla vicenda Grillo &co. Ma la realtà – assioma sperimentatissimo dal mio amico Luigi e da me – supera sempre la fantasia. Adesso addavenì pure Gerry Scotti leader del centrodestra versione de noantri con un partito al quale vogliono dare un nome per amanti dell’igiene: si chiamerà Italia pulita. Ma è una presa in giro? Dai, siamo al Drive in e adesso esce Tinì Cansino che dice con le tette sul biliardo e la voce finta roca dice pu-pu-pu-pubblicitàààààààà. Aspirando la “à”. Gerry Scotti, con questo nome d’arte da figlio di emigranti del sud che spinge su un accento del profondo nord e ci tiene a sottolinearlo in ogni sillaba che pronuncia, ex parlamentare del Partito socialista italiano che nessuno nel transatlantico e fuori ricorda per quella esperienza, ma che tutti conoscono per quell’intercalare “l’accendiamo?” scandito mentre regala soldi facili agli italiani nei quiz a premi che hanno dato l’illusione agli albanesi prima e ai romeni poi che questo fosse un paese bello dove poter vivere. Proprio quel Gerry Scotti lì Berlusconi vuole a guidare quello che dovrebbe essere uno dei due partiti più importanti in Italia. Un’altra pazza idea come le chiama lui (l’altra era il suggerimento di stampare in proprio il denaro, come nel Miracolo di San Gennaro). Non ci bastavano i comici, adesso anche gli ex dj conduttori di giochi a premi. Addavenì sbruffone.
Vita vissuta: Napoli
Una hummer limousine è forse una delle cose più brutte mai viste in vita mia dal vivo. E so che qui si potrebbe scatenare una gara a chi ha visto la cosa più brutta. Per me rimane quel macchinone volgare visto nella stradina d’accesso al Maschio Angioino a Napoli. Era domenica di comunioni e per tutto il centro storico, nonostante i cantieri aperti ovunque (non si tratta di un miracolo di De Magistris, stanno lì almeno da un anno cioè dalla mia ultima visita in città) c’erano gruppi così composti: un fotografo di solito avanti con l’età, un cameraman con videocamera degli anni novanta delle dimensioni di una valigia il doppio del bagaglio a mano, mamma vestita con veli e controveli (tacchi che non credevo potessero esistere, capelli rigorosamente a truciolo, trucco smokey eyes, abiti da panterone nonostante quel paio di quintali di sovrappeso), padre con vestito lucido gessato, qualche fratello panzone, una sorellina pagnottella con capelli a truciolo anch’ella e poi la festeggiata vestita da sposa però in versione mini con la gioia nel cuore di chi si sente bellissima. E foto su foto abbarbicate ai muri con la bocca aperta, con mamma e papà alle spalle che si guardano amorosi e mai amorevoli, con il fratello usando il bouquet come fosse un bicchiere per un brindisi e pose varie che scimmiottavano l’erotico . Dalla hummer è sceso uno (non sono riuscita a capire quanti ne contenesse quel bidone bianco) che aveva tatuata una rivoltella al braccio. Alla faccia dei luoghi comuni.
La parata militare e le donne di Piazza Tahrir
Una parata militare e una cena di gala non si annullano due giorni prima senza pagare penali da capogiro, dietro ci sono contratti firmati e lavoratori e imprese. Questi sono fatti. Poi se vogliamo affermare che forse in tempo di austerity la parata militare del 2 Giugno, festa della Repubblica, la si poteva pensare in forma ridotta ab origine anche senza il terremoto dell'Emilia, possiamo dirlo senza timore di essere additati con l'occhio del populismo. Ma che a 48 ore la macchina veloce del web si metta a fare la sponda a Grillo chiedendo a gran voce l'annullamento di contratti presi da chissà quanto tempo lo trovo ridicolo. Pagare penali non sarebbe stato tanto sciocco quanto può esserlo la sfilata in cui si passano in rassegna le forze armate solo per simbolo? Sì, meglio tagliare laddove in due giorni si può fare senza ulteriori aggravi di spesa, perché di gesti simbolici non ne hanno bisogno gli emiliani così come non ne ha bisogno l’Italia. È l’ora dei fatti, e i demagoghi del web - che rende tutti opinionisti, è molto democratico: una tastiera un’opinione - lo tirassero fuori al momento di andare alle urne questo senso di indignazione al momento solo virtuale. E poi le rivoluzioni nate sui social network sono finite in mano ai fondamentalisti. Chiedetelo alle donne di Piazza Tharir.
Gambro, il terremoto e Pietro Galassi
“Questa mattina una scossa di magnitudo 5,8 ha colpito nuovamente l'area nord di Modena, causando danni alle strutture dello stabilimento di Medolla. Tutti i dipendenti presenti sono stati evacuati in sicurezza. Gli uffici di Bologna e lo stabilimento di Sondalo non hanno riportato danni. Lo stabilimento di Medolla è temporaneamente chiuso”.
Questo il comunicato apparso ieri sul sito della Gambro, un’azienda biomedicale che stava anche a Latina ma che ha deciso di portar via tutto e produrre in Emilia e in altre decine di posti nel mondo. Ma non a Latina. Fanno pezzi di ricambio per le macchine per la dialisi, un’azienda modernissima e all’avanguardia. Con migliaia di dipendenti e con clienti prestigiosi. Fanno prodotti che salvano la vita o la migliorano alle persone. Ma nulla hanno potuto per contrastare la forza terribile della natura. Una fabbrica messa in ginocchio dal terremoto, così hanno detto al telegiornale. La produzione era stata stoppata per le prime scosse della settimana scorsa, ed era ripresa solo due giorni fa, dopo la visita del sindaco e le operazioni di verifica della sicurezza. E infatti tutti i dipendenti sono stati “evacuati in sicurezza”. Alla Gambro di Latina ci lavorava Pietro Galassi, un signore che adesso è morto e che non sarebbe stato contento di sentire che quelli che gli avevano portato via il lavoro adesso sono in difficoltà. Ne sono certa.
Con tristezza, ricordo di Medolla
Sono stata a Medolla tre anni fa a settembre, durante il festival della letteratura di Mantova. Volevo vedere la fabbrica della Tetra Pak che aveva portato via il lavoro a Latina. Ero anche un po’ invidiosa di quella fabbrica bella, grande, banca, moderna e senza fumo che usciva dai camini. E mi dicevo: vabbè, in fin dei conti è giusto che il lavoro stia qui. A Latina non gli abbiamo offerto nulla. Intorno alla fabbrica bianca con le scritte blu la campagna, e poi ancora fabbriche e campagne. A me è sembrato un paradiso: nuovo e antico, moderno e tradizionale, fabbriche e campagne. Ma al centro il lavoro dell’uomo in ogni sua declinazione. Ora gli uomini in quei capannoni ci sono rimasti sotto, per via di una natura “snaturata”. Anche se vere, io non amo sentire in questi casi quelle dichiarazioni di gente saputa che comincia a sparare cazzate sulle costruzioni sbagliate nei posti sbagliati eccetera eccetera (come la ministra Fornero che non perde occasione di tacere). Nei momenti di calma si dovrebbe censire il territorio, non a due secondi da un terremoto così devastante e mortale. Per questo mando un mio pensiero di vicinanza, per quello che serve, a tutte le popolazioni colpite da questo terremoto, alla gente di Modena che è una città che amo moltissimo. È gente buona e operosa che si riprenderà subito con spirito e forza.
Formica rossa cassintegrata
Da buona cassintegrata (buona nel senso che ancora non ho preso un centesimo di retribuzione e sto ancora buona buona al posto mio senza denunciare il mondo come invece avrei dovuto) faccio i corsi obbligatori di riqualificazione professionale. Già sceglierne uno è stato un lavoro: tra ricostruzione unghie e tecnico del fotovoltaico mi sono fermata su quello di photoshop, che in realtà inseguivo da un po’ ma mancanza di tempo e denaro mi aveva sempre bloccato. Mi pare dunque una buona occasione per imparare il fotoritocco. Il primo giorno ci hanno insegnato ad accendere un computer, salvare genericamente una cartella, e poi spegnere il computer. Uno ha sbagliato e quindi tre quarti d’ora lui abbiamo passati a spiegare al signore come usare il mouse. Non avevo mai pensato che ci fosse una procedura per fare queste tre azioni, chi le ha codificate in una procedura? Comunque poi la situazione è migliorata. Adesso si imparano i comandi base del Photoshop, chi vuol seguire segue (io sono l’unica che prende appunti), chi no è libero di far altro. Solo che per ogni allievo cassintegrato o in mobilità la scuola prende i soldi della Regione, e li spende malissimo. Naturalmente in generale so che succede così. I computer sono obsoleti con programmi vecchissimi, i docenti a volte sembrano un po’ impreparati, senza un bilancio delle competenze iniziale la classe si è trasformata in un’allegra brigata. E in bagno non c’è nemmeno la chiave.
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